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21 July 2016

E S C H E R Dalle geometrie del paesaggio italiano ai giocosi paradossi tridimensionali





E     S     C     H     E     R



Le
geometrie del paesaggio italiano
e  i
giocosi paradossi tridimensionali



dall'
arte della tassellatura
 alle 
morfoevoluzioni grafico-matematiche





La mostra milanese a Palazzo Reale, sulla figura artistica di Mauritz Cornelis Escher ha il grande pregio di mettere in luce la straordinaria evoluzione della sua produzione, che lo ha portato, lungo il percorso della sua vita che si snoda tra i primi anni del Novecento fino ai primi anni '70, a movere i suoi primi passi entro i caratteri tipici dell'iconografia Deco fino alle più spericolate sperimentazioni moderniste della grafica d'avanguardia.

 


Qui sopra: Escher, veduta di Scilla, in Calabria, gennaio 1931, litografia. L'orografia del piccolo comune legato alle leggende mitologiche del mostro omerico che divorava le navi, riuscì ad ammaliare Escher, che lo ritrasse meticolosamente, mettendone in evidenza il perfetto connubio tra abitati, sperone roccioso e spiaggia con barche.

Più sopra: Escher, veduta di Morano Calabro, ottobre 1930, Xilografia. Il paese della Basilicata fu uno degli ultimi luoghi del lungo viaggio a piedi che l'autore fece in terra calabra. Qui la straordinaria tecnica incisoria già estremizzava geometricamente le forme dei singoli edifici e dell'interas collina a forma di cono, mostrando tutto l'interesse che l'autore poneva proprio in questo rapporto biunivoco tra la precisa stereometria delle realizzazioni umane ed il paesaggio circostante, definito quale sfondo.

Più sopra ancora, dopo il titolo, la veduta di Goriano Sicoli, luglio del 1929, litografia. Anche in questo paese d'Abruzzo Escher, in viaggio assieme all'amico Triverio, già sintetizzava il perfetto cono capace d'inscrivervi l'intero borgo. Talvolta, come in questo caso, il paesaggio veniva popolato da campi e figure capaci d'integrare perfettamente tra loro le geometrie complessive della composizione. Ciò che ora è solo un puro ed attento approccio analitico, diverrà nel tempo anche un più ampio reticolo di precisi rapporti matematici, capaci di regole combinatorie complesse e ricche di misterioso fascino.



Ma il pregio della mostra sta, non tanto nell'evidenziare i cambiamenti, anche molto marcati tra un periodo e l'altro della sua indagine, quanto nell'essere stata capace di trasmettere le invarianti di quel lungo e articolato percorso. Sono proprio queste permanenze a costituire l'ossatura potente del suo messaggio, tanto moderno quanto attualissimo ancora oggi. In cosa consistono tali caratteri permanenti e sempre presenti nel suo lavoro? 




La costanza, la perseveranza d'un metodo d'indagine, che sa tradursi in un mix personalissimo costantemente in bilico tra precisione tecnica e coerenza linguistica, tra scrupolosa traduzione grafica del dettaglio e didascalica intenzione concettuale. Questo approccio era fondato, fin dai primi tempi giovanili sull'attrattiva per il paesaggio italiano dei borghi medioevali, che lo portava, con scrupolo quasi maniacale, a riprodurne, in compagnia dell'amico Joseph Haas Triverio, gli aggregati di case e campanili in arditi scorci d'evidente interesse per le regolarità geometrico-spaziali. Ma successivamente a tale fase una indagine meno intuitiva e più scientifica è stata mediata dal gusto grafico decorativo, tipico di quell' epoca, per la tassellatura, ovvero per il gioco ad incastri puzzle di forme liberamente disposte sul piano. 





Qui sopra: Riempimento a mosaico (plan filling II), litografia del 1957. Una cinquantina di figure diverse si incastrano perfettamente l'una nell'altra. Escher è stato qui uno dei primi a dare una dimostrazione di particolare abilità. Tale gioco ha ispirato più tardi nel tempo molti analoghi "giochi" per ragazzi o pezzi di design "da tavolo": uno dei più noti, prodotto da Danese (Milano), è stato disegnato da Enzo Mari, sicuramente ispirandosi a questa litografia di Escher.
Più sopra: di Koloman Moser Forelenreigen, litografia pubblicata in V edizione di E.A. Seemanmer Sacrum, quaderno del 1899. Successivamente pubblicato nella più prestigiosa rivista della Secessione Viennese. Ben prima di Escher quindi il gusto dell'Art Nuveau aveva sperimentato le possibilità decorative della cosiddetta "tassellazione", ovvero degli incastri perfettamente combacianti tra figure diverse tra loro incastonate.




Più sopra: Escher, Cubic Space Division, 1952. Qui l'autore, costruendo un reticolo tridimensionale piuttosto inquietante, si ispira ad una decorazione rinascimentale che probabilmente aveva visto in un fregio della pavimentazione del Duomo di Siena (qui sopra).

Tale ricerca, se in un primo tempo trova il suo spunto nella piatta decorazione Art Noveau, successivamente evolve in più complessi giochi spaziali, il cui interesse travalica la pura forma deorativa per diventare indagine, fatta di regole ferree, della matematica e della geometria descrittiva, con continue divagazioni per il loro opposto, nell'attrattiva ludica della forma impossibile, per l'illusionismo fine a se stesso, per il paradosso. 


Famosa acquaforte di Giovanni Battistra Piranesi dal titolo "Carceri d'invenzione" XIV (1761). In questo disegno l'autore anticipa l'idea di oggetto impossibile, immaginandosi un arco gotico impossibile da costruire realmente, appoggiato com'è a due muri tra i quali è interposta una doppia rampa di scale.



Escher non inventa nulla: semplicemente sonda, analizza, estende,  amplifica, portando alle estreme conseguenze intuizioni di altri, in opere a lui precedenti. Esempi?: Le textures di Koloman Moser Forelenreigen, che già a cavallo tra l'800 e il 900 concepiscono patterns ad incastro di soggetto naturalistico floreale o animale. Oppure il reticolo spaziale di cubi ripreso da una decorazione pavimentale ad intarsio marmoreo dal Duomo di Siena, peraltro di modernissima concezione. Ancora, da Gian Battista Piranesi riprende una rappresentazione grafica di oggetti impossibili da costruire nella realtà (vedi "Carceri d'invenzione, XIV acquaforte del 1761).




Biglietto d'auguri tratto dal "Belvedere" di Escher (1958), opera di Sergio Borrini (1986). Nel collage è rappresentato il gruppo di architetti al quale l'autore di questo articolo apparteneva  (qui rappresentato al centro in basso).


Tra le opere realizzate tra i '50 e i '60 una delle più emblematiche, per la sua semplicità, è il Belvedere, del maggio 1958, basata sul cubo di Necker, ove colonne e scale si appoggiano a piani in modo del tutto impossibile nella realtà. Pur nel loro banale illusionismo tali grafiche escheriane hanno avuto grande fortuna sia di critica che di pubblico negli anni sessanta, tanto da interessare famose case editrici, case discografiche, periodici di grande diffusione nel mondo, nonchè una buona parte dell'arte pubblicitaria di quel periodo che ad esse ebbero ad ispirarsi.




Tema ricorrente nell'indagine morphogenetica di Escher è la deformazione sferica. Qui sopra, la copertina del catalogo della mostra milanese del 2016, la "Mano con sfera riflettente", del 1935, opera realizzata nello studio romano di via Poerio. Nel commentare ironicamente il suo autoritratto l'autore dice: " L'ego dell'artista è invariabilmente al centro del suo mondo". 

Più sopra: la deformazione sferica viene applicata al centro di un balconcino mediterraneo, appartemente ad una casa del centro abitato davanti al porto di Senglea a Malta (1936, lo schizzo sul taccuino di viaggio). Del 1945, invece, è il disegno con la deformazione sferica, tratto dal precedente schizzo


Enrico Mercatali
21 luglio 2016

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