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17 January 2013

Canova e Gérard si confrontano su Amore e Psiche, a Milano, Palazzo Marino (di Enrico Mercatali)




Canova  e  Gérard

interpretano

A m o r e     e    P s i c h e



Francois Gérard: Psyché et l'Amour, 1798, olio su tela 183 x 131 cm. Dettaglio



Nella mostra di Palazzo Marino, come di consuetidine da cinque anni consecutivi, i milanesi sono chiamati in questi giorni a valutare da vicino una o due opere di grande calibro, quest'anno due, sapentamente collocate al centro della Sala Alessi, ed invitati ad approfondirne il soggetto, la storia raccontata, il contesto storico,  nonchè le vicende critiche che nel corso dei tempi le hanno accompagnate sino alle più moderne versioni.
Quest'anno il tema è "Amore e Psiche", ben rappresentato da due opere molto famose e pressochè coeve, una di scultura ed una di pittura tra loro perfettamente colloquianti per aver entrambi avvolto  le figure degli amanti in esse raffigurati in un alone di tenero e dolcissimo abbraccio senza tempo, che le rende accessibili al gusto d'ogni epoca e contesto. I loro autori, che sono capisaldi dell'arte del loro tempo,  Antonio Canova e Francois Gérard, vi si sono cimentati forse dando il meglio delle loro sensibilità, contribuendo ad assegnare all'alone favolistico che circonda l'evento rappresentato un ruolo di primo piano rispetto all'esigenza avanzata dalle rispettive committenze. Essi hanno ripreso il tema dell'amore impossibile, tra una bellissima fanciulla, Psiche, appartenente ad una aristocratica stirpe, ed una divinità, Amore, rappresentata da un giovane uomo anch'esso di bell'aspetto.



Antonio Canova, qui sopra: Amore e Psiche stanti, 1797, marmo, Parigi, Musée du Louvre, dettaglio. 


Qui entrambe le opere a confronto: a sinistra il gruppo marmoreo canoviano  "Amore e Psiche", h. 145 cm,  posto sull'originale piedistallo in marmo decorato con ghirlande di fiori e farfalle, 1797.  
A destra: il dipinto di Francois Gérard "Psyché et l'Amour", 1798, olio su tela 183 x 131 cm. 
Entrambe le opere sono conservate a Parigi, presso il  Musée du Louvre, nel quale il dipinto fu subito collocato dopo la morte dell'autore, mentre invece il gruppo marmoreo giunse più tardi, a seguito di diverse traversie




La rappresentazione dell'incontro tra Amore e Psiche, sia nel gruppo marmoreo canoviano, sia nel dipinto gerardiano, entrambe   contestualizzabili nel cuore del Neoclassicismo che domina la scena europea tra Italia Francia a cavallo tra i secoli XVIII e XIX, prende le mosse dalla favola classica d'Apuleio, la quale, sin dai tempi di Raffaello, aveva avuto molta fortuna presso le corti e gli ambienti dell'aristocrazia che assai andava influenzando l'attività artistica non direttamente operativa presso gli ordini religiosi.



Antonio Canova: del gruppo "Amore e Psiche" un dettaglio delle due figure riprese di spalle.


Il tema dell'amore aleggiava ovunque in tali ambienti e raffinatezza e sensualità erano costantemente in cerca di raffigurazioni che appagassero i desideri dei mecenati dell'arte e dei collezionisti in ogni parte del continente. Antonio Canova massimamente si adoperò per soddisfare tali richieste al punto da ripetere fedelmente i soggetti più richiesti, secondo metodi di produzione che potremmo definire proto-seriali nella loro capacità di riprodurre copie e varianti, per i committenti più disparati, come avvenne proprio per "Amore e Psiche", della quale statua esistono ora due esemplari: quello del Louvre, in mostra in questi giorni a Milano, e quello dell'Hermitage di San Pietroburgo "Psiche rianimata dal bacio di Amore", di 11 anni più tardo. Entrambi i gruppi canoviani finirono nella collezione del cognato di Napoleone, il generale Gioachino Murat, che li trasportò in Francia e li espose in occasione di festeggiamenti organizzati in onore del Bonaparte, così rendendoli famosi, dopo essere stati visti ed apprezzati dalla "Parigi bene" della Restaurazione.


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Di entrambe le opere d'analogo soggetto, di Antonio Canova e Francois Gérerd, i dettagli tra loro accostati ne sottolineano la tenera sensualità e l'impalbabile ed etereo erotismo in essi sapientemente diffuso. In essi il piacere della vista si trasforma subito in un piacere per la mente


Francoise Gerard, a differenza dello scultore di Possagno, è artista assai più ufficiale alla corte di Francia. Egli è stato sempre accolto come il "pittore dei re ed il re dei pittori", colui che durante la restaurazione fu a corte il ritrattista ufficiale per eccellenza, prima per Napoleone e poi per Luigi XVIII, e fu adorato proprio per la sua eccellente capacità d'interpretare lo spirito dei suoi tempi, onorando il ruolo che gli era stato assegnato, destinandogli perfino alcuni locali all'interno del Louvre, continuando naturalmente l'opera di quello che era stato considerato la gloria della pittura francese, e del quale fu allievo, Jacques Louis David.




Le sue origini italianissime (nato a Roma da madre italiana, mentre il padre svolgeva il suo compito di amministratore del cardinale de Bernis, ambasciatore di Francia presso la santa sede, assieme alla sua passione per l'antico, lo rendono, non solo coevo, ma anche assimilabile al Canova, nell'impatto e la forte influenza che le rispettive arti ebbero sull'arte neoclassica in generale e sull'impulso che questa ebbe specialmente in Francia. Alla sua morte fu naturale che le sue opere passassero subito tra le raccolte del museo che lo aveva ospitato, specialmente dopo che esse passarono al vaglio delle grandi esposizioni che lo videro primeggiare ai Salons del 1802 e del 1808 e che lo resero famoso presso tutto il pubblico e la critica.



Antonio Canova, "Amore e Psiche", qui sopra due ulteriori dettagli nei quali viene messa in evidenza con risalti di luce, la lavorazione finale "a lucido" dei corpi, resi assai simili alla morbidezza dei modelli veri.


Entrambi gli artisti si accostarono al tema trattato dalla novella raccontata da Apuleio, dell'amore adolescenziale, per il grande interesse che esso aveva assunto presso il pubblico. Non solo presso le corti, ma anche e soprattutto presso il collezionismo borghese già assai sviluppato negli anni a cavallo del secolo, l'idea classica di bellezza andava sovrapponendosi a quella più naturalistica di un raffinato erotismo, anch'esso tratto da storie mitologiche, ma raccontato attraverso un uso delle nudità talvolta voyeuristico ed esplicitamente allusivo. La bellezza dei corpi, vista sotto questa luce, aveva attratto il collezionismo scultoreo e pittorico fin dall'epoca di Raffaello (ricordiamo i Borghese e l'Ermafrodito, del quale già queste pagine si occuparono tempo fa), ma ebbe un momento di rilancio proprio in questi anni: basti pensare ad artisti, peraltro ricordati nell'ambito degli apparati documentati alla mostra di cui stiamo parlando, quali Francois-Edouard Picot, Pierre Narcisse Guérin, Pierre-Paul Prud'hon, Pompeo Batoni, Jean-Baptiste Regnault, Jean Broc, e dallo stesso Jean-Baptiste-Dominique Ingres, che ebbe un ruolo di primo piano in quesgli anni nella determinazione del gusto diffuso del pubblico. Ma naturalmente ricordiamo anche, come sono state ricordate e immesse nel catalogo della mostra, quali naturali continuità di tale approccio, le nudità femminili così esplicitamente esibite, come simbolo stesso di bellezza e sensualità: La "Maya desnuda" di Francisco Goya, e quindi l' "Olympia" di Edouard Manet. Noi stessi qui sotto riportiamo, cogliendo il suggerimento fatto dagli stessi curatori del catalogo, l'"Amore e Psiche" dipinto da Edvard Munch nel 1907.




Edvard Munch, "Amore e Psiche", 1907, olio su tela 119,5 x 99 cm, Oslo, The Munch Museum


Grande successo di pubblico fin dai primi giorni. Curatela di Valeria Merlini e Daniela Storti. Progetto di allestimento di Studio Greci Architettura.
Prima e dopo la mostra apparati iconografici e interviste introducono e concludono il percorso.

Enrico Mercatali
Milano, 18 dicembre 2012

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