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23 April 2012

La storia di due eroi della resistenza che hanno unito l'Italia alla Georgia




Una storia di Resistenza 
italiana e internazionale
al nazifascismo

I piccoli episodi
raccolti ancor oggi da testimonianze del passato
fanno grande la storia che tutti dobbiamo ricordare.
Enrico bertani e Pore Musolischvili




Enrico Bertani, eroe della Resistenza, nato a Belgirate nel 1919, medaglia d’oro al VM, caporale maggiore di Artiglieria Alpina distaccata in territorio oltremare,  subito dopo l'armistizio del settembre 1943, si arruolò nelle formazioni partigiane locali. Nominato comandante di plotone prese parte ai fatti d'arme emergendo per alto valore ed elevato senso del dovere. Durante un aspro combattimento, mentre alla testa dei suoi uomini andava all'attacco di una munita posizione nemica, cadde gravemente ferito al petto. Conscio della propria fine rifiutò ogni soccorso e chiedendo che il suo corpo, prossimo a divenire esamine, fosse buttato fuori dal camminamento per non intralciare la avanzata dei compagni. Fu luminoso esempio di coraggio e sprezzo del pericolo.




Taccuini Internazionali rievoca questo piccolo episodio della Grande Storia della Resistenza per affermare la necessaria continuità che occorre dare alla rievocazione in ogni luogo di tutti i numerosi episodi come questo, perchè troppo frequentemente si vede dimenticato come ha avuto origine la nostra Repubblica e come ha avuto avvio la democrazia nel nostro paese. Abbiamo perciò ritenuto giusto dare spazio in queste pagine al ricordo di Enrico Binda, nipote di Enrico Bertani, il quale, nel corso di una mostra commemorativa allestita nel Comune di Belgirate (VB), ha pronunciato questo discorso in memoria dell'episodio che ha visto attore lo zio, successivamente consacrato eroe nazionale della resistenza. 
Segue il ricordo di Pore Musolishvili, dalla documentazione Anpi, l'eroe partigiano venuto dalla Georgia, morto a Belgirate il 3 dicembre del 1944.

Enrico Mercatali

Enrico Bertani

Medaglia d'oro belgiratese, eroe della resistenza, 
caduto in Jugoslavia nel 1945 pochi giorni prima  della fine della guerra


di Enrico Binda




Partigiani dell'Ossola in azione


In occasione dell’inaugurazione della mostra dedicata alle medaglie d’oro al VM Pore Musolisvili e Enrico Bertani, cercherò di raccontarvi la figura dello zio Enrico Bertani sia nel contesto storico che famigliare,  con i ricordi di frasi e racconti sentiti in famiglia e di documenti che conserviamo:

Enrico Bertani nacque a Belgirate il 24 settembre 1919.
I genitori Eugenio e Clementina si trasferirono da Casorezzo, un grosso paese  di contadini in provincia di Milano, in cerca di una vita migliore e trovarono lavoro di custodi e giardiniere presso la villa Ferrari, oggi Villa Carlotta.
Enrico, che in famiglia ed in paese era chiamato col suo secondo nome Ambrogio, cresceva con i suoi fratelli Cesare e le sorelle Luigia ed Angioletta. Frequentò le scuole con ottimi voti ed  apprese con passione l'arte del giardiniere e vivaista.
Curava e accudiva, da solo o con il fratello le serre e i parchi delle ville che ancora oggi sono una componente di prestigio del nostro territorio.
Il 18 marzo del 1939 arrivò la cartolina di precetto e venne arruolato nel Gruppo Artiglieria Alpina Aosta.  Questo reparto faceva parte della Divisione “Taurinense” che venne impiegato sul fronte occidentale. Come è noto, proprio nel maggio del 39 l’Italia firmò il “patto d’acciaio” con la Germania nazista e il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarò guerra alla Francia già occupata dai nazisti. La divisione Taurinense risultò dislocata in diversi punti del fronte dell'arco alpino (settore Moncenisio - Bardonecchia) e partecipò alle operazioni contro la Francia dal 10 al 24 giugno 1940 occupando e poi presidiando alcune città, anche Enrico partecipò a tali operazioni militari. Successivamente, dopo un breve campo estivo ad Omegna, Enrico si trovò ad operare sui monti di Susa  dato che nell'ottobre del 1940,  alla Divisione alpina "Taurinense" fu dato l'ordine di presidiare il territorio francese compreso fra il vecchio confine e la linea di armistizio.


Partigiani in azione in Val d'Ossola


A Enrico venne concesso,  verso la fine del 1941 qualche giorno di licenza  che trascorse a casa, con i suoi famigliari. Fu l’unico breve periodo di licenza nei 6 anni di servizio militare. Il suo entusiasmo ed i fatti militari che raccontava, mettevano in risalto una fierezza e una convinta consapevolezza che era necessario e indispensabile servire la Patria senza indugio, senza risparmiarsi. Tant’è  che mio padre ed altri parenti, accompagnandolo al treno che lo riportava a Torino gli raccomandarono di non fare l’eroe, di riportare a casa la pelle. E mi dissero che Lui sorrideva e ci scherzava su, sereno e tranquillo, come sempre.
Il 6 gennaio dalla caserma di Torino scrisse che hanno distribuito indumenti invernali e partiranno forse per il Montenegro. Il 23 gennaio  ‘42 sbarcò a Ragusa (Jugoslavia) con il 1° reggimento Art. Alpina, battaglione“Aosta”. Da questa data all’agosto del 1943 scrisse molto ai famigliari. Sono lettere, biglietti postali, cartoline postali che anch’io ho letto più volte. Con serenità descrisse di spostamenti su montagne impervie, di stanchezza, di fame, di battaglie aspre, ma sempre con leggerezza e fede che tutti i sacrifici risulteranno utili per la Patria. Con tanta nostalgia saluta e rassicura i suoi anziani genitori, ricorda sempre tutti i suoi famigliari specialmente i nipotini che chiama Eugenietto, Franchina e Cesarino.
Aveva 24 anni quando l'armistizio lo sorprese in terra jugoslava, col 1°Regg. Artiglieria Alpina 4° batteria, gruppo Aosta. Nel clima di caos creatosi con il proclama dell’8 settembre, la 1^ Divisione Alpina Taurinense  venne sciolta mentre si trovava dislocata in Montenegro.
Enrico e molti altri commilitoni non vollero consegnare le armi e arrendersi ai tedeschi, bensì decisero di continuare a lottare e saputo che a Gornje Polje  (all’interno di Dubrovnik) si stava formando la 1^ brigata  Aosta detta anche 1^ brigata Taurinense, vi aderì senza indugio e con essa passò immediatamente in montagna a fianco dei partigiani locali per combattere i tedeschi che erano affiancati   dalle legioni fasciste di "camice nere" e dai cetnici slavi.
Il 10 ottobre del 1943 quale capo mitragliere venne inserito nelle file della 1^Brigata partigiana “Aosta” (detta anche Taurinense), comandata dal maggiore Carlo Ravnic, che poi divenne il leggendario comandante della divisione italiana partigiana Garibaldi.



Una fotografia di Enrico Bertani, Jugoslavia, luglio 1942


Un mese dopo, il 10 novembre, nella battaglia di Stretnja in Montenegro la sua unità venne accerchiata da preponderanti forze nemiche. Enrico  ebbe il compito di difendere ad oltranza un caposaldo, onde permettere agli altri reparti di forzare l'accerchiamento. Sebbene ferito, con i suoi uomini seppe resistere in cima al monte senza viveri e senza quasi munizioni  per due giorni combattendo con  accanimento.  I pochi superstiti furono quindi catturati da un gruppo di Mussoliniani e consegnati ai tedeschi, che li chiusero nel lagger di Banijca Beograd. (erano passati solo 2 mesi dall’armistizio!!)
Per questo fatto d’armi col n. d’ordine 367 del Ministero della guerra il 13 ottobre 1944 venne decorato di croce al V.M. con la seguente motivazione:

“Capo arma mitragliere, durante un violentissimo fuoco nemico continuava a manovrare la propria arma con serenità e precisione, contribuendo così efficacemente ad arrestare la marcia del nemico e a proteggere i compagni schierati in posizione avanzata.”

Verso la fine del '44 i partigiani Jugoslavi con l'aiuto della Armata Rossa passarono all'offensiva: Enrico approfittò del disordinato ripiegamento tedesco per fuggire dal campo di prigionia (ove era prigioniero da quasi un anno era) e rifugiarsi temporaneamente  sui monti, presso famiglie di pastori locali.
Si ritrovò presto con un reparto di partigiani italiani, e dal 3 novembre '44 si unì alla brigata d'assalto "Italia", Enrico fu in forza al 1° Battaglione Garibaldi , 2^ compagnia (che proveniva dalla 6^ divisione Jugoslava) e assunse la qualifica di Caposquadra(10/11/44) e, poco dopo, quella di Comandante di Plotone (17/1/45).
Combattè distinguendosi fra tutti per il suo ardore, coraggio, modestia e capacità di comando sino al 12 aprile del 1945 quando, durante una dura ed aspra offensiva Tedesca nei pressi di Sarengrad, a  Babin Dol, quota 98, in seguito a ferite riportate in tutto il corpo da schegge di bomba da mortaio, verso le ore 5.45 la sua giovane vita ebbe termine.
Mi piace pensare che in quegli ultimi attimi di vita, i suoi occhi non videro più sangue, morti, feriti, disperazione, ma che le ultime sue immagini fossero quelle delle cose che più amava: i suoi Cari, il suo lago Maggiore, i suoi fiori.
Aurico Renzo,  comandante di questi reparto così ne descrive la figura: "... Durante la lotta una granata decimò il mio migliore plotone, quello comandato da Enrico. Molti morirono, ed Enrico rimase gravemente ferito.



Partigiani alla guerra jugoslava


 Era l'alba del 12 aprile. Enrico era stato colpito allo stomaco e, più lievemente ad una guancia: ma il suo viso era calmo e sereno, come sempre.
Mi guardava con un tranquillo sorriso, mentre intorno infuriava il fuoco dell'artiglieria e delle mitragliatrici. Speravo che si potesse salvare, ma dalle sue prime parole compresi che era finito. Lo feci trasportare in una piccola buca per farlo medicare: ed egli non voleva che si perdesse tempo per lui, ma che si continuasse a lottare.
Mi disse: " Comandante, non vi preoccupate di me, andate avanti, perché il popolo la libertà l'attende da noi".
Il combattimento mi costrinse ad allontanarmi da lui, quando tornai l'infermiere che lo custodiva mi disse che Enrico era spirato senza un lamento e le sue ultime parole erano state: "Salutate tanto i miei vecchi, dite che non piangano. Andate avanti, il popolo la libertà l'attende da noi"
Piansero tutti quando lo seppero ed andarono all'assalto anche per lui per eseguire il suo ultimo comando.
La liberazione completa della Jugoslavia ebbe il suo epilogo un mese dopo, l’11maggio 1945.

Alla sua memoria il 19/ 12/1945  il governo Jugoslavo ha stabilito l'Alta Decorazione dell'Ordine al Valore, (equivalente alla nostra medaglia d’argento) Onorificenza che il comando dell’esercito di liberazione della Jugoslavia gli ha concesso come Comandante di Reparto d’assalto “…per l’abilità di comando, imprese ardite e per il dimostrato coraggio”.

L’8 ottobre 1945 arrivò alla famiglia la comunicazione  ufficiale della morte di Enrico. Fino a quel giorno la sua mamma Clementina,  quotidianamente andava alla stazione con la speranza che dal treno scendesse il suo figliolo e nei giorni di pioggia con se portava un secondo ombrello, quello per Enrico.
20 mila partigiani Italiani caddero in terra Jugoslava, 3 hanno ricevuto la massima onorificenza , Uno appunto è il nostro Enrico Bertani  al quale, con decreto  del Capo dello Stato in data 1°settembre 1947 veniva concessa la medaglia d’oro al VM con la seguente motivazione:

Caporale maggiore di Artiglieria Alpina distaccata in territorio oltremare, non esitava, subito dopo l'armistizio del settembre 1943,ad arruolarsi nelle formazioni partigiane locali. Non appena le vicende della lotta lo permisero, rientrava ai reparti volontari italiani e nominato comandante di plotone prendeva parte ai fatti d'arme di un intero ciclo operativo sempre emergendo per alto valore ed elevato senso del dovere tanto che, benché ferito, rifiutava di essere ricoverato in luogo di cura. Durante un aspro combattimento mentre alla testa dei suoi uomini andava all'attacco di una munita posizione nemica, cadeva gravemente ferito al petto. Conscio della propria fine rifiutava ogni soccorso e chiedeva insistentemente che il suo corpo, prossimo a divenire esamine, fosse buttato fuori dal camminamento per non intralciare la avanzata dei compagni.
Luminoso esempio di coraggio e sprezzo del pericolo.



Nella fotografia un momento della consegna della medaglia d'oro al valor militare, al padre di Enrico Bertani, 2 giugno 1950.



L’ onorificenza venne consegnata il 2 giugno 1950 presso il presidio militare di Novara al padre Eugenio con  presente anche la sorella di Enrico,  Angioletta.
Certamente molti belgiratesi si ricordano con quanta commozione e orgoglio dapprima il papà Eugenio e poi la sorella Angioletta hanno sempre presenziato ogni ricorrenza sia in paese che in altri luoghi ove veniva celebrato il ricordo dei caduti per la liberazione portando appuntata al petto la Medaglia d’Oro alla memoria.
Poi l’increscioso fatto del furto subito il 25 gennaio 2006 nel quale i ladri hanno tra l’altro, smurato la cassaforte di casa e rubato tutto il contenuto, compreso il nobile riconoscimento.
Ringrazio, a nome di tutti i parenti di Enrico, l’ Amministrazione Comunale per essersi attivata e aver per portato a buon fine l’iniziativa voluta dal pronipote di Enrico Bertani, Cesare : infatti, come già noto dal programma della manifestazione di quest’anno, il giorno 25 aprile verrà  riconsegnata una copia conforme all’originale della medaglia al nipote Eugenio.
E  dal ringraziamento all’attuale Amministrazione Comunale voglio  brevemente ricordare con affetto gli amministratori che negli anni si sono susseguiti  e che hanno voluto celebrare l’ eroico concittadino .

  • la cerimonia della scoprimento della targa alle scuole avvenne il 25 aprile del 1952: sindaco Migliavacca.
  • la concessione di giardinetto per ricordo e possibilità di inumare i resti della M. d’O. Bertani: 12/1/1953
  • lo scoprimento della targa sul piazzale del nuovo lungolago il 4 novembre 1956: sindaco Fucigna
  • il 25 /4/1955 l’ intitolazione  del Gruppo Alpini di Belgirate , presidente Luigi Costantini.

- il fervore col quale il sindaco Prini , per tutti gli anni dei suoi 4 mandati, ha profuso nel ricordo del concittadino Enrico Bertani. Egli ha cercato con tutti i mezzi possibili di intraprendere relazioni con l’ ambasciata e con le autorità preposte per riallacciare rapporti fra il nostro comune e Vukovar , dov’era caduto Enrico. Purtroppo le divisioni culturali politiche e religiose tra etnie (che dopo qualche anno portarono alla cruenta guerra  nei Balcani) non permisero il proseguo dei nobili intenti. Nel 1987 Luigi Prini e la sua Amministrazione, vollero realizzare a Belgirate due grandi eventi: il 20 settembre veniva  innaugurata la Baita della Libertà e assieme alla celebrazione del Georgiano medaglia d’oro Pore,  venne celebrata la nostra medaglia d’oro. Tale grande manifestazione  portò a Belgirate  un gruppo di compagni d’arme di Enrico con il com. Gardini e il comandante della divisione d’assalto Italia  M. d’O. Maras  il  quale tenne una commovente orazione commemorativa a ricordo del “suo comandante di plotone “ Bertani Enrico.

- Ricordo inoltre l’Anpi nazionale che nel maggio del 1946 lo proponeva per la massima onorificenza  e poi ne ha sempre onorata la memoria ,e anche la sez. intercomunale del Vergante che il 22/6/2002  che consegnava alla sorella della M. d’O. Angioletta , la tessera “ad honorem”.



La Casa della Resistenza di Fondotoce (VB), 
il più grande centro d'Europa di documentazione sulla Resistenza


Termino con una osservazione che mi fa ben sperare per il futuro.  Nelle ricorrenze del 25 aprile a Belgirate  sorprende positivamente vedere la nutrita partecipazione popolare, ma ancor più bello è assistere alla presenza e al coinvolgimento dei giovani nel ricordo degli eventi che hanno ridato dignità e libertà al nostro popolo. Io credo che le nuove generazioni hanno le capacità per lottare, per affrontare e risolvere le tante difficoltà in cui oggi ci troviamo, mi auguro che sappiano credere sempre nella partecipazione, nei valori democratici e trovino la forza per ricostruire una politica onesta, non dimenticando mai che, dentro la nostra Costituzione esistono i capisaldi per una società basata sull’eguaglianza e la giustizia, e questa fondamentale Carta, che tutti i Paesi democratici ci invidiano, la si  deve al sacrificio di tanti Italiani soprattutto di tanti giovani come Enrico, come Pore, che, quasi 70 anni fa, credettero senza indugio e fino in fondo all’ideale di un Paese libero, democratico e pacifico.

Enrico Binda
nipote della medaglia d’oro al VM Enrico Bertani



Una immagine del film di Carlo Lizzani "Hotel Meina",  girato nel 2007 e narrante l'episodio dell'omonimo libro di Marco Nozza, che descrive l'episodio di una terribile strage nazista di ebrei, ospiti dell'albergo di Meina nel settembre del 1943, vicinissimo a Belgirate. Il film ha portato l'episodio dell'eccidio, uno dei più spietati che i nazisti abbiamo perpetrato in alta Italia sugli inermi ed ignari ospiti di un famoso albergo sulla riva del Lago Maggiore, recentemente demolito, a conoscenza di un vasto pubblico, così dando una doverosa testimonianza  di quanto e come avveniva nel corso dell'occupazione nazista del nostro territorio negli anni successivi all' 8 settembre.


Pore Musolishvili
l'eroe partigiano venuto in Italia dalla Georgia


L'unica fotografia rimasta della Medaglia d'oro Pore Mosolishvili


Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Il conferimento della Medaglia d’Oro a questo partigiano georgiano è avvenuto nel 1970. Il governo italiano ha voluto così riconoscere in lui un simbolo della solidarietà antifascista internazionale. Sotto quest’aspetto, la vita e la morte di Musolishvili sono davvero esemplari.

Nel 1939, Pore è arruolato nell’Armata Rossa. Quando i tedeschi invadono l’allora Unione Sovietica,
 lui compie il suo dovere con grande coraggio, tanto che si guadagna sul campo la nomina a sottufficiale. Nel 1944 Musolishvili viene catturato dai tedeschi, che lo incorporano in un reparto speciale e lo trasferiscono in Italia con altri prigionieri sovietici e cecoslovacchi. Il reparto ha compiti di presidio territoriale e d’antiguerriglia e, al comando di Pore, un plotone di ex prigionieri viene dislocato nel Novarese, a Stresa.



Una immagine della resistenza partigiana in Jugoslavia



Qui Musolishvili valuta la situazione, si mette in contatto con i partigiani della 118a Brigata Garibaldi e il 7 settembre 1944, con altri 36 ex prigionieri georgiani, passa, armi e bagagli, nelle file della Resistenza italiana. Inquadrati nel 2° Battaglione della 118a, i georgiani si distinguono subito per azioni audacissime. Dal 9 al 14 ottobre partecipano alla difesa della repubblica partigiana dell’Ossola. Il 26 ottobre sono tra i protagonisti dell’attacco che il 2° Battaglione conduce contro un convoglio di fascisti e che si conclude con l’eliminazione di 23 repubblichini.

Nel novembre i nazifascisti decidono di sferrare una violenta controffensiva nella zona del Mottarone-Vergante, nel basso Verbano, settore operativo della Brigata "Servadei". I partigiani si dividono in piccoli gruppi, per resistere meglio all’attacco di forze soverchianti. Nel gruppo di Pore c’è anche il comandante del 2° Battaglione. La notte del 3 dicembre i partigiani trovano riparo in una baita sopra Belgirate; ma la loro presenza viene notata ed una spia li denuncia ai tedeschi che accorrono in forze. È l’alba quando comincia un violentissimo combattimento.
Alla memoria I partigiani, accerchiati, stanno per finire le munizioni. I tedeschi se ne accorgono e intimano la resa, promettendo salva la vita a tutti i partigiani, purché sia loro consegnato il comandante. A questo punto, cogliendo di sorpresa i suoi, Pore esce allo scoperto, si fa incontro ai tedeschi e grida: "Sono io il comandante!". Fa ancora pochi passi, si punta la pistola alla testa ed esplode l’ultimo colpo rimasto nell’arma.

Da anpi.it





motivazioMotivazione della medaglia d’oro:
 
Sottufficiale delle truppe georgiane, disertava dall'esercito tedesco alla testa di una settantina di militari suoi connazionali al completo di armamento e di equipaggiamento ed entrava come partigiano combattente nelle formazioni italiane operanti in Lombardia distinguendosi per virtù militari e fede nella causa della libertà. Sottufficiale delle Truppe georgiane, disertava dall'esercito tedesco alla testa di Una settantina di militari Suoi connazionali al completo di armamento e di equipaggiamento ed entrava sono partigiano combattente Nelle formazioni italiane operanti in Lombardia distinguendosi per Virtù militari e fede NELLA Causa della Libertà. Nel corso di una dura azione difensiva, accerchiato con il suo reparto, allorché il comandante del plotone dopo lungo e sanguinoso combattimento ed esaurite totalmente le munizioni stava per accedere all'ultima intimazione di resa del nemico che prometteva salva la vita a tutti a condizione che il comandante del reparto si consegnasse vivo, egli spontaneamente e con eroico gesto si sostituiva al suo superiore e si presentava all'avversario dichiarando di essere lui il comandante.NEL corso di Una dura Azione difensiva, accerchiato con il Suo reparto, allorché il comandante del plotone DOPO Lungo e sanguinoso combattimento ed esaurite le Totalmente Munizioni Stava per accedere all'ultima intimazione di Resa del nemico Che prometteva salva la vita uno Tutti a condizione Che il comandante del reparto SI consegnasse vivo, Egli spontaneamente e con Gesto eroico SI sostituiva al Suo Superiore e SI presentava all'avversario dichiarando di Lui Essere il comandante. Contemporaneamente, con mossa fulminea, estraeva la pistola e si faceva esplodere alla tempia l'ultimo colpo gridando: Viva la Russia, viva l' Italia libera!Contemporaneamente, con mossa fulminea, estraeva la pistola e faceva esplodere SI alla Tempia l'ultimo Colpo gridando: Viva la Russia, viva l 'Italia libera!.. Fulgida figura di soldato, di combattente, di fratello d'arme, seppe fondere in un unico ideale, al di sopra di ogni origine e di frontiera, l'amore per la sua Patria con la giusta causa degli uomini liberi.Fulgida Figura di soldato, di combattente, di Fratello d'arme, Seppe fondere in Ideale Unico delle Nazioni Unite, al di sopra di ogni origine e di Frontiera, l'amore per la Patria con la SUA Giusta Causa degli Uomini Liberi. Mottarone - Lesa (Novara), 3 dicembre 1944.Mottarone - Lesa (Novara), 3 dicembre 1944.


 Nato nel 1919 a Kvemo Machkaani (Georgia), morto a Belgirate (Verbania) il 3 dicembre 1944.


Belgirate 25 aprile 2012
a cura di Enrico Mercatali

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