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03 August 2011

"Il Nome della Rosa", sovviene, tra Ossola e Formazza tardo-medievali, nel suggestivo mix di fede, natura, arte e cultura






 Between Uriezzo Gorges and Waterfalls of the Toce River,
a precious jewel of art in S. Gaudenzio of Baceno.



Tra Orridi d'Uriezzo e Cascate del Toce
una preziosa gemma d'arte in
 S. Gaudenzio di Baceno





 Remembering "The Name of the Rose",
between medioeval Formazza and Ossola,  
we discover a charming center of culture in art


Come ne "Il Nome della Rosa", tra Ossola, Antigorio e Formazza medievali, lungo la via tormentata d'un impervio cammino, appare improvvisamente al viandante pellegrino dei tempi bui un fascinoso luogo di bellezze, un centro di cultura corposo e ricco. 
Dopo ore ed ore di cammino tra boschi e gole rocciose, ecco una meta: un "perno territoriale di civiltà" alle pendici della catena alpina, lontano dal mondo abitato, dalle città di pianura. 






Al viaggiatore errante esso si mostra quale improvvisa meraviglia  quando, oltrepassate valli ed acque, gole ed orridi terrifici, foreste e alpeggi, inaspettata compare maestosa, nel punto largo della valle, la mole di San Gaudenzio di Baceno, eretta sopra l'aspro sperone di roccia che già in epoca alto-medievale era errato anch'esso sino al primo prato in piano, ed ampliata poi sempre più grandiosamente  a più riprese in epoche successive, ricca e splendente d'ogni suo tesoro, d'antiche credenze e di saperi costruito, quale centro di cultura unico e inviolabile nella valle imprevedibile nella tormentata geografia, già densa però a quel tempo di intensi transiti commerciali transalpini.





La Crocifissione, di Antonio Zanetti detto il Bugnate, affresco del 1542. Nel XVI secolo il razionalismo rinascimentale ha raggiunto il suo massimo splendore in quella mimesi aristotelica che ha dato dignità intellettuale all'artista non più considerato artigiano. Divenuto cortigiano ed umanista egli ha potuto rappresentare "la natura" delle cose con lo spirito di chi guarda alla grande tradizione classica, ma che sperimenta con metodo scientifico il divenire del proprio tempo storico. E' nella scia di questa tradizione che lo Zanetti (sembra sia stato allievo di gaudenzio ferrari - 1457/1546) realizza l'ampio affresco: in piena crisi manieristica, soffrendone le difficili condizioni storico-politiche dell'Italia di allora. Vi è nel dipinto come un sentore di battaglie e di trippe occupanti il territorio, ove la natura, controllata prospetticamente, si presenta fedele ed accucciata ai piedi dell'invasore.



Pur tanto lontano dalle città di piana e di lago svizzere e italiane, il  centro religioso è già capace di suoi propri originali irraggiamenti d'arte e di cultura, oltre che di pii messaggi, oggetti di propria autoctona elaborazione d'intelletto e di fede.






Punteggiano l'antico percorso ameni alpeggi e luoghi di transumanze, che si allargano in prati soleggiati di tanto in tanto, tra boschi, dense foreste ed impervi passaggi rocciosi



Tarda in forme e stili, per gli echi che giunsero a lei dal fondovalle , culla del Ducato di Milano e dalle città svizzere, tedesche ed anche anseatiche, attraverso crogiuoli interpretativi d'alte scuole ed approfonditi studi con echi di rimando filtrati da propri talvolta non troppo elaborati idiomi, ma capace di forti slanci non privi d'episodi anche sicuri e già maturi, eleborati secondo gli stilemi mediati dalla cultura che intende parlare soprattutto alla povera gente, ai pastori, ai coltivatori, ed ai pochi artigiani che attorno essa ruotavano ogni giorno e ad essa s'abbeveravano.







La chiesa che oggi mostra di sè il rigoglio delle  sue diverse lingue sovrapposte e dei rifacimenti, delle addizioni e dei restauri, già agli albori del rinascimento esprime la compiutezza d'una piena maturità, degli aneliti espressivi della propria comunità, sempre pronta ad abbevararsi delle novità provenienti da lontano. 





L'ingresso alla chiesa è composito nell'impercettibile strombatura: la parte più interna comprendente l'architrave è tardo-romanica. La lunetta affrescata nel 1400 è stata in seguito ridipinta maldestramente. Nel 1505 vengono aggiunte cornici in pietra cristallina; lavorate con bassorilievi a fiori, capitelli e figurine fantastiche, di gusto rinascimentale, comprendono il giglio di Francia e gli stemmi nobiliari dei Della Silva e dei Rodis-Baceno.


Essa era pronta ad accogliere lo straniero come chiunque altro giungesse in quel terrifico  passaggio delle gole d'Uriezzo che immediatamente la precedono se si giunge da sud, presentandosi come segno del divino, quasi, tanto incombeva dall'alto della rocca quella sua vetusta abside antica, appena puntellata dai suoi intrepidi contrafforti, su chi, conoscendone l'esistenza, s'apprestava a giungervi con animo trepidante e pio, tanta grazia da essa era pronto a ricevervi, secondo quanto la novella di quelle parti andava diffondendo.






Ancor oggi riconosciamo in quelle contrade, perfettamente conservati ed in quadri ambientali integri, i segni della storia che riuscirono a rendere lieto l'itinerario transalpino tra Lago Maggiore e i Quattro Cantoni tra Zurigo e Berna, tra Medio Evo e primo rinascimento. 








Ancora oggi chi s'appresti, muovendo a piedi lungo i sentieri che da Crodo portano alle Cascate del Toce, riconosce lungo le acque che scorrono a fondovalle, lunghi tratti di strada lastricata con le pietre scure della roccia locale, coi suoi ponti e le fontane per la sosta, slarghi prativi e angusti passaggi tra massi erranti. 





Una delle costanti del genere pittorico che distingue parte della storia figurativa ossolana consiste nella dilatazione delle figure dipinte nel tentativo realistico di farle rivivere nello spazio illusorio del sogno. Questa atmosfera, che avvolge le fanciulle ritratte soprattutto negli affreschi a immagine della Madonna, si può ancora cogliere sui muri esterni delle case. Anche in questo affresco, che troviamo presso uno dei pilastri a destra del transetto della chiesa, opera del Cagnola, eseguito agli inizi del '500, ben rappresenta questa propensione. "Ben si comprende qui come questo artista tra il XV e il XVI secolo abbia inserito nel dipinto, oltre l'aspetto "surreale", diverse soluzioni stilistiche, dedicando grande attenzione al "naturalismo" rinascimentale, nel descrivere puntualmente i particolari anatomici, e nel tracciare quella prospettiva centrale, allestendo un baldacchino dalla stoffa setosa che copre e restringe la profondità retrostante"


Nel percorso, prima di giungere all'abside antica di San Gaudenzio, appollaiata sull'alta cuspide rocciosa, contraffortata da archi in pietra, prima d'essere cioè nell'abitato di Baceno, s'attraversano tratti di sentiero immersi nelle gole, dette poi d'Uriezzo, dal nome della località che ancora le conserva, anfratti oscuri tra le rocce dilavate dall'acqua e dal vento definiti orridi per la paura che frequentemente ingenerano in chi le incrocia, per le forme cupe simili a grotte che le caratterizzano e per il cielo che si perde in esse spesso, inoltrandovisi all'interno. 






Ecco perciò accostarsi in un piccolo tratto di territorio, ed in un lasso minuscolo di tempo, due realtà tanto diverse tra loro, l'Orrido ed il Centro Religioso, contesi tra natura e cultura, tra umano e divino, tra terrifico ed eccelso, orribile e stupendo, già divenuto amalgama, nella mente e nello spirito di chi vi si imbatte, di tanto diverse e opposte sensazioni, di tanto differenti motivi di meditazione e di pensiero.






Questo diadema incastonato nella dura roccia della montagna già fu citato in un documento, conservato nella chiesa, datato anno Mille. Trattavasi dell'angolo Sud Ovest dell'attuale presbiterio, la più antica dell'edificio, che venne eretto quale cappella votiva con dedica al santo Gaudenzio quale atto di donazione del Vescovo Gualberto di Novara ai canonici di Santa Maria assieme ad altri suoi possedimenti in quella valle tanto lontana. Sembra che tutt'attorno ad essa vi fossero allora le mura di un castello, poi demolito per fare spazio agli ampliamenti della chiesa.










Una chiesa più ampia, in grado di contenere qualche persona, fu eratta proprio davanti alla cappella, ed integrado questa nelle sue mura, creando un vano rettangolare corrispondente all'odierno presbiterio, non perfettamente in asse con l'impianto a tre navi, quelle centrali, che oggi ancora possono essere viste. L'intervento che portò il piccolo edificio alla lunghezza dell'attuale fu realizzato nel secolo decimoprimo per fare spazio ad una popolazione dell'abitato che andava ingigantendo.






L'assetto dimensionale attuale venne realizzato tra il '2 e il '300, ovvero in epoca basso-medievale, con ampliamenti ancora laterali sino all'ottenimento della larghezza attuale, quasi ampia quanto la lunghezza, i 5 navi distinte, con la caratteristica d'essere le intermedie assai più strette della centrale e delle laterali (cosa del tutto inconsueta e, forse, unica. Con opere murarie e di contraffortatura, con l'aggiunta dell'alto campanile, con  nuove opere interne di controsoffittatura, intonacatura, e decorazione pittorica pressochè integrale dei muri, delle volte, e perfino d'alcune colonne, si lavorò intensamente fino alla fine del 1500, epoca che vide sorgere tutt'attorno addizioni e cappelle private dotate di decorazioni pittoriche molto significative per comprendere il livello di finezza raggiunto, qui in alta valle, dalle scuole che vi posero le mani.






Ecce Homo. Di autore ignoto l'affresco su colonna è datato 1509. 
Sottostante è una preghiera in caratteri gotici


Nel diciassettesimo e nel diciottesimo secolo si potè completare questa sublime opera di montagna con l'aggiunta di una nuova abside e di un coro, vi si aggiunse un organo di grande pregio ed altre cappelle atte ad accogliere i resti di Santa Vittoria, eroina e martire cristiana sotto l'imperatore Traiano Decio (inviato il corpo a Baceno dal Cardinale Gaspare Carpineo nel 1702).





"L'ampia facciata di S. Gaudenzio è un libro aperto di suggestive sovrapposizioni storiche: essa appare come una grande schermo sostanzialmente tardo-romanico, oggi suddivisa in tre parti. la centrale è delimitata da tre pinnacoli che, assieme al frontone, alla cui base vi sporge una sottilissima cornice, vanno a concludere lateralmente il rettangolo spaziale sottostante con due lesene anch'esse pochissimo sporgenti. Le due parti laterali, con occhi di bue a porte racchiuse da cornici rinascimentali, dispiegano pesantemente la grande vela a capanna in rifrante geometrie di primordiale astrazione": così recita il volumetto distribuito nella chiesa. E continua: "La due porte secondarie hanno modanature di pietra chiara, l'una datata 1546 e l'altra, senza timpano ma con lunetta, è coeva alla prima. Il frontone dal lieve chiaroscuro suggerisce una ingenua sequenza di colonnine e archetti pensili che il leggero arretramento della parete guida verso un immaginario interno prospettico. La croce più bassa, vuota, introduce la seconda più alta e luminosa nel rappresentare la religiosa identità del suo percorso simbolico."

"L'affresco esterno, spropositato nelle dimensioni, è dello Zanetti, del 1542, e rappresenta S. Cristoforo che porta il Cristo Bambino. Ponendosi all'attenzione di chi, lontano nei campi, lavorava e sudava faticando, questo gigante buono chiedeva di rappresentare, più d'ogni altro, la Chiesa stessa, sulle cui spalle pesa la responsabilità dell'invito alla preghiera. E' stato oggetto di un accurato restauro nel 2002.






Per quanto attiene l'interno della chiesa, "la sensazione che si prova, guardandoci attorno, è quella di percepirlo più ampio di quanto non sia realmente. Infatti se aggiungiamo la doppia fila di colonne a scandire lo spazio circostante si ha l'effetto di una lieve dilatazione: a suggerire una maggiore profondità prospettica e ad avvolgere le fresche ombre del giorno in misteriose atmosfere".





"Così non era nella chiesa originaria dove i nudi e grigi muri della scatola geometrica servivano a sostenere l'elegante soffittatura a cassettoni in legno dipinto di cui alcuni frammenti sono custoditi in sagrestia. L'attuale soffittatura con impasto di malta con canniccio è stata decorata nel 1824-25."

Chi oggi volesse ripercorrere l'esperienza del pellegrino viandante che in epoche buie avesse voluto compiere l'itinerario alpino attraverso Antigorio Formazza, proponiamo di fare una camminata lungo le acque di Fondovalle, da Sud a Nord tra Crodo e Baceno, così da inserirsi in quadri ambientali tuttora integri capaci di ricondurre a quei tempi, calpestando sentieri acciottolati d'antica origine, attraversando roccie, alpeggi, boschi, cascatelle, orridi e temibili gole scavate nella montagna e corrose dai venti e dalle acque, così raggiungendo il gioiello sopradescritto come fosse un incantesimo inaspettato e stupefacente.


Baceno, agosto 2011
Enrico Mercatali



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