THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

10 July 2011

“Difesa della Natura”: grande mostra dedicata a Joseph Beuys, al Kunsthaus di Zurigo




Una grande mostra dedicata a

Joseph Beuys
Le “sculture sociali” dell’antroposofo, ecologista, sciamano 
al Kunsthaus di Zurigo, intitolata “Difesa della Natura”

Sono esposte più di 100 opere provenienti dalla collezione Durini






Inventore delle “istallazioni”, ovvero delle opere create dall’artista nel momento stesso della loro “messa in scena”, nelle strade, nei luoghi ideali che abbiano un nesso coi suoi contenuti, nelle sale dei musei, a volte perfino “site specific” ovvero ideate solo ed esclusivamente per quel luogo e solamente per esso, Beuys è prima di tutto l’inventore di una idea, divenuta arte nei diversi momenti in cui si è tradotta nelle specifiche performances che sono servite per essere raccontate al pubblico, per dire di esse e dell’idea loro sottesa, e che hanno evidenziato la volontà del loro autore di porsi in esse e per esse, attraverso la costante ed umile pratica di esse, come guida trascinante e spirituale alla testa di tutti i  “movimenti verdi del mondo”, per dire loro che ogni uomo è artista, e che l’arte di ciascuno deve avere come obbiettivo primario la “Difesa della Natura”.

Il suo percorso d'artista ha avuto avvio dopo essere stato a lungo soccorso, in fin di vita dopo un incidente aereo nel corso della seconda guerra mandiale, in Crimea nel 1943, da una comunità di nomadi tartari, che seppe guarirlo dopo una lunga terapia tratta dalle antiche tradizioni dei loro paesi d'origine. L'episodio determinò in lui, che in giovinezza, durante le prime fasi della guerra, aderì al nazismo, profondi cambiamenti interiori, che lo condussero in breve a concentrare i suoi interessi sull'antroposofia di Rudolph Steiner. Dopo aver partecipato a numerosi eventi artistici dei gruppi giovanili tedeschi e americani che si riconoscevano nell'impegno sociale, e mentre svolge attività didattiche presso la Kunstakademie di Düsseldorf  fonda il Festum Fluxorum Fluxus, nel cui movimento già sono presenti tutti gli elementi che determineranno i suoi interessi del periodo più maturo. Questi ultimi troveranno in seguito un notevole riscontro nell'amicizia con Andy Warhol, con il quale, nonostante le loro quasi antitetiche posizioni nel panorama artistico internazionale degli anni '60, potè condividere numerosi pun ti di vista sul ruolo fondamentale dell'immagine nell'arte contemporanea.





Atti dimostrativi agìti in prima persona, provocazioni all'insegna di simboliche prese di posizione che creavano "il caso", l'evento segnalato dalla cronaca, il progetto di piccole e mega-istallazioni attinenti al rapporto uomo-natura, capaci di coinvolgere il publico, furono, in quel periodo, la strada da lui perseguita per farsi conoscere. 
Nel convincimento dell’immane compito assegnatogli egli muove da un semplice intuitivo concetto, grandioso nella sua catartica forza, per porsi nel tempo obbiettivi di lavoro e di comunicazione che fossero capaci di raggiungere il più alto numero possibile di persone. Egli, forse senza volerlo, è divenuto, attorno ai temi semplici ma forti da lui trattati, un guru capace di attrarre interesse, ed interi stuoli di folla lo hanno seguito, uno sciamano, potrebbe dirsi, che, attraverso la magia dell’arte, fè stato in grado di convincere  quanto meno le più importanti istituzioni mondiali di questa disciplina, pubbliche e private, che la sua  proposta ideale ed estetica non era cosa da poco. E' stato consacrato infatti, in un breve volgere di anni, in tutte le manifestazioni dell’arte più importanti al mondo, mentre viveva, quasi segregato e umile pastore, nella tenuta dei Durini, a Bolognano d’Abruzzo, piantando ulivi e disseminando proclami ecologisti che gli valsero l'attribuzione di paternità dei movimenti verdi della Germania.




Joseph Beuys ritratto da Andy Warhol, amici ed estimatori reciproci, pur antitetici nelle rispettive  concezioni artistiche.



La sua figura altamente carismatica, che forse un poco derivava anche dall'aspetto trasognato della sua figura longilinea e allampanata e dal suo volto scavato e magro, costantemente coperto dal  "cappello di panno" che divenne così famoso tanto che Mimmo Paladino ne fece poi un'icona, riproducendolo serialmente in molte delle sue opere, ebbe un forte impatto di critica, ma anche di pubblico, forse anche aiutato dalle mode del momento che i movimenti di base sapevano circuitare rapidamente nei diversi paesi dell'occidente. Un'arte, quindi, la sua, che si confondeva con il comportamento e la figura del suo stesso autore e apologeta (non è un caso che ciò che più di lui è rimasta immagine indelebile a documento del suo passaggio nel mondo sia proprio la sua immagine, tanto più iconica tanto più avanzava egli nell'età). Un'arte, la sua, fatta degli strumenti del suo lavoro nella terra e con la terra per moltiplicarne i frutti, che, a suo dire, costituivano esempi d'arte in sè stessi. La sua famosa "pala", divenuta emblema della somma fatica, e del riscatto nel fare e nel dare espressione anche estetica al nobile e "creativo" lavoro della terra.

Notevole interesse ebbe l'azione aertistica di Beuys presso i critici e gli operatori culturali italiani. Di lui ebbero a collaborare Burri, Arturo Schwarz, Achille Bonito Oliva, Germano Celant, ed in modo particolare e continuativo il celebre curatore svizzero Harald Szeemann.
Ma a comprendere e a dare forma molto concreta a tutta la produzione d'arte e immagine, espositiva e domostrativa, contestativa ed estetica di Beuys è stata, prima dì ogni altra persona, la sua stessa  amica e compagna, Lucrezia Di Domizio Durini, che lo accolse in Bolognano d'Abruzzo, ove aveva avuto in eredità una dimora di famiglia e tanta terra attorno ad essa, e che seppe raccogliere e mettere subito in lui l'entusiasmo derivante dalle idee che quel sito producevano in lui. Entrambe artisti nel profondo, lui e lei ebbero diversi ruoli entro una unica visione della vita: lui il genio messianico, lei la colta organizzatrice dei risvolti commerciali. La loro unione ebbe fortuna.

Io conobbi personalmente la signora, che venne nel mio studio di Milano, alla fine degli anni '90, mentre avevo in allestimento una mostra per la ricorrenza milanese del  “Fuori Salone” per la quale lei stessa diede qualche idea, che mi invitò pure nella sua casa-museo di via Mecenate, ove aveva realizzato, in un enorme loft della vecchia Caproni, il suo luogo urbano ideale di vita e di lavoro. Fu solo una sciagurata vicenda personale di quegli anni, che mi impediva d’essere pienamente ciò che sono, mi fece mancare quell’importantissimo appuntamento. Si perché si trattava della collezionista-mecenate di Joseph Boys, ovvero dell’artista più venerato del XX secolo, che possiede oggi tutte le opere più importanti del Maestro, tra cui quelle ora esposte al Kunsthaus di Zurigo.






A Bolognano, cittadina della campagna abruzzese che oggi vive nel mito di Beuys, la contessa Durini diede materialmente l’avvio alla immensa produzione d’arte del compagno del quale condivideva totalmente i destini artistici, dando inizio alla raccolta non solo delle sue opere ma anche  alla stesura dei numerosi saggi critici che ne accompagnavano le mostre che lei stessa redigeva, divenendo la più importante fonte di riferimento dell'opera sua. 
Nello stesso paese d’Abruzzo l’artista creò la “Piantagione Paradise” utilizzando specie rare a rischio di estinzione, facendo della stessa attività concreta di propagazione arborea un momento di meditazione sul significato del "creare" umano, diffondendone l'immagine come quella d'una vera e propria artistica  performance-
Invece a Documenta 7, a Kassel nel 1982 programmò di mettere a dimora 7000 querce, creando, in questo stesso suo fare, l'idea che in ciò esattamente consistesse l'opera artistica. Non si tratta di una scultura tradizionale ma di un grande parallelepipedo triangolare posto davanti al Museo Federiciano e composto da 7000 pietre basaltine ognuna "adottabile" da persone disposte a partecipare all'iniziativa. Il ricavato della vendita di ogni pietra sarebbe servito nel corso degli anni a piantare un albero di quercia. L'operazione, terminata ufficialmente nel 1987, un anno dopo la morte dell'artista, deve in realtà essere ancora ultimata, visto che occorrerebbero circa trecento anni ancora prima che le 7000 querce programmate possano dare vita al grande bosco immaginato da Joseph Beuys. Egli però è riuscito a trasformare, perfino oltre la sua stessa morte, una banale attività da giardiniere, come quella di piantare alberi, in un grande rito collettivo capace di evocare i significati più profondi del rapporto fra l’uomo e la natura. Questo nuovo concetto d'arte modificò totalmente la percezione critica di che cosa fosse arte, indicandone nuove strade e diverse potenzialità che ebbero assai seguito nelle nuove  tendenze artistiche successive.





Uno scorcio della tenuta di Bolognano d'Abruzzo, appartenente alla famiglia Durini, nella quale visse ed operò per alcuni anni l'artista renano Joseph Beuys, del quale oggi si celebra l'attività in una grande mostra presso il Kunsthaus di Zurigo, con oltre 100  opere esposte, tra le sue più famose


Mentre compie questi gesti dimostrativi egli propaganda l’idea che ogni uomo sia un artista, in quanto capace di compiere azioni che in natura si danno esse stesse come creative: l’olio si ottiene trasformando le olive, il vino schiacciando l’uva. Ogni cosa creata è parte di un tutto, e di un processo messo in moto da una stessa energia. Questo processo naturale deve essere salvaguardato perché è fonte esso stesso di vita, creatore di nuova vita. Il Maestro mette in moto così una magìa d'arte e diventa sciamano, diventando motore d’un processo che, mentre è informativo-dimostrativo, diviene anche fatto d'arte, così mostrandosi nel suo essere processo, nel suo costituire immagine e segno del lavoro naturale, nel suo essere simbolo stesso della vita. Il messaggio è chiaro e semplice. Egli lo ha concretizzato donandolo al mondo con le mostre e nei musei. Nessuno prima di lui lo aveva fatto. Egli stesso ora ne è divenuto estremo simbolico riferimento.





 Sono esposte nella Kunsthaus zurighese le cinque vasche di decantazione dell’olio dette “Olivestone”, uno dei capolavori di Beuys già regalati al Museo nel 1992.





La contessa Durini, con il libro-catalogo della mostra zurighese da lei realizzato, dal titolo "Beuys Voice",è oggi il maggiore esperto esistente e il maggior collezionista dell'opera di Joseph Beuys




http://sharing.enel.com/dharmaofenel/ita/  (per una visita virtuale alla casa di Bolognano d'Abruzzo)

Lesa, 10 luglio 2011
Enrico Mercatali

No comments:

Post a Comment