THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

03 January 2011

Iconico iconologo (alias Alessandro Mendini)


The pointillist man, ovvero l'iconico iconologo
(alias Alessandro Mendini)

"Proust", the pointillist postimpressionistic chair che Alessandro Mendini ha creato con Alchymia nel 1979, prodotta da Atelier Mendini. Sopra al titolo "The pointillist man" (la denominazione è di Taccuini Internazionali") in una simpatica illustrazione di Gipi apparsa su la Repubblica il 29 dicembre 2010, contestualmente ad una interessante ed illuminante intervista. Qui sotto una versione più recente di Proust con retrostanti riferimenti aldorossiani

L'iconico iconologo (qui sotto in una fotografia recente), guru internazionale del design, su "la Repubblica" del 29 dicembre 2010 rilascia una intervista che ne consacra un percorso d'artista a tutto tondo, quello che lo ha reso maestro planetario delle arti visive e del design, per le indubbie innovazioni apportatevi nel corso delle attività che vi ha svolto nella seconda metà del XX secolo ed ancora vi svolge in quello attuale.

Architetto di grido negli anni '60, prosecutore dell'opera di Marcello Nizzoli, nel 1970 lascia l'architettura per dedicarsi alla produzione di riviste d'architettura e design, attività che lo vedrà appassionato cultore per tutta la vita, e che lo vedrà perfino, come egli ha amato definirsi, "designer di riviste", quasi che ogni numero in uscita dovesse rappresentare un oggetto in se stesso di design industriale, prodotto in migliaia di copie.
Diventa perciò direttore di Casabella nel 1970 avviando i suoi interessi per un design all'insegna del Radical, fino al 1975, con Giovanni Koening, Alchille Bonito Oliva, Andrea Branzi . In quella occasione dà spazio ai manifesti di Archizoom, di Superstudio, alle proposte di Ugo La Pietra, di Ettore Sottsass.
Fonda poi Modo nel 1976 dirigendola fino al 1979, proseguendo in modo più sfumato ma sempre vistoso il tratto radical-personalizzante di quella prima esperienza editoriale.


Passa quindi a Domus dall''80 all'85, in quanto necessaria proiezione per l'editore dell'ide
a che il nuovo corrisponda all'utopia d'una radicalità concettualizzata ma incapace di imporsi come tale quando passa al costruito, al reale, ridefinendosi sempre più il tempo passa come "radical-chic", perdendo perciò quei connotati di autenticità vitale che ne costituiva la linfa agli inizi.


Attribuisce visibilità e importanza mondiale ai grandi produttori del design quali Aurelio Zanotta, Enrico Astori, Alberto Alessi. Ancora oggi egli sostiene il primato degli artigiani produttori, ovvero delle aziende italiane rispetto ai designer. Oggi egli sostiene "sono migliori quelli stranieri agli italiani, ma non le aziende. Le migliori, quelle che conoscono il know how del design, sono ancora quelle italiane.

Nei suoi editoriali di allora, divenuti famosi per l'estrema semplicità dei concetti trattati, al limite del banale, vi personalizza a tal punto gli oggetti e i concetti tanto da arrivare a pubblicare in ogni numero della rivista copertine con il ritratto dei protagonisti indiscussi di quel periodo, di architetti e designers famosi, industriali e critici d'arte, dedicandovi le sue colloquiali interviste.

Sopra: Tre numeri della rivista Domus 1980/'85, dedicate rispettivamente a Vittorio Gregotti, all'epoca della realizzazione della Facoltà palermitana di Scienze (progetto eseguito in collaborazione con Gino Pollini), a Paolo Portoghesi all'epoca della sua direzione di Biennale Architettura a Venezia divenuta storica per via della straordinaria invenzione di "Strada Novissima", che ha decretato la nascita del Postmoderno e a John Heikuk, direttore di Cooper Union-New York


Oggi la sua sia pur passeggera rimpatriata in Domus viene da molti assai criticata quale contentino ad una visione un po' rassicurante in quanto borghese e passatista, rispetto a quella assai più promettente e soprattutto meno gerontocratica che già si prevede per il futuro, che passerà nelle mani del giovane e dinamico Joseph Grima (classe '77).
Vedremo poi ritornare in Domus le vecchie personalità che hanno fatto il design dagli anni '60 agli anni '90 o riconfermate quelle delle giovani promesse già affermatesi dalla fine degli anni '90 in poi?
Nulla di tutto ciò perchè Pointillist Man oggi è di tutt'altro avviso. Nell'intervista egli dichiara, contraddicendo quanto per decenni ha predicato: "Io mi definisco operaio dell'estetica"! "Il design odierno è violentemente realistico. L'innovazione è diventata un trend. Perfino l'ecologia oggi è ridotta a moda. Il design si è appiattito su un edonismo e un eclettismo stilistico senz'anima. Lo stile ha perso il suo significato più profondo e si è trasformato in uno styling superficiale, un gioco di segni stupido e vacuo.

Da sinistra a destra: Alberto Alessi, Achille Castiglioni, Enzo Mari, Aldo Rossi e Alessandro Mendini ritratti da berengo Gardin all'interno delle officine Alessi di Crusinallo, presso un tornio, sul quale sono appoggiati numerosi oggetti prodotti nell'azienda, della quale, a parte Alessi che ne è il titolare, essi sono tra i principali designers


"Detesto anche la morbosa tendenza al protagonismo. Ormai su certe riviste si vedono più facce che oggetti (da quale pulpito!!). Abbiamo bisogno di credere in una nuova qualità, in una nuova generosità, in una nuova poesia. "Occorre un altro design, capace di invenzioni diffuse sul territorio, specchio di un altro mondo, un mondo infinito, un mondo invisibile e parallelo a quello ufficiale, a quello ortodosso che tuttora permea il mondo.

Sopra: the pointillistic couple (cavatappi e apribottiglie "Proust"Sotto i cavatappi Anna, disegnati da Alessandro Mendini per Alessi.
Il 3° allestimento promosso dal Museo del Design presso la Triennale di Milano porta la sua firma. E' intitolato "Quali cose siamo", che è stato definito "Evento dell'anno 2010" dal New York Times. Con le sue 796 cose messe in mostra, tra cui anche una copia del David di Michelangelo, Mendini vuole raccontare "l'invenzione e l'innovazione italiana", ovvero il mondo infinito e duffuso della fantasia italiana, della sua intelligenza e genialità. Essa è fatta più di "cose" che di oggetti.
"Questa è parola più umana, più filosofica", ci dice l'iconico laconico iconologo, arrivato in vetta, e quindi ormai quasi al tramonto.

Cosa ci aspetta quando il sole risolgerà, e la nuova utopia farà capolino? Certo le nuove avvincenti avventure che altri ci racconteranno, perchè già emergenti!

Museo d'arte di Groningen in Olanda, 1994, realizzato su progetto di Alessandro Mendini, con Philippe Starck e Michele de Lucchi

Enrico Mercatali
Lesa, dicembre 2010
La mostra allestita da Alessandro Mendini in Museo del Design in Triennale-Milano durerà fino al 27 febbraio 2011.

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