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08 September 2010

Stefano Bollani e "I Visionari" - I regali della grande musica contemporanea al vasto pubblico della provincia

Stefano Bollani in concerto a Veruno, con "I Visionari", il 4 settembre 2010, in Piazzetta della Musica (Foto di Enrico Mercatali)


STEFANO BOLLANI E "I VISIONARI" - CONCERTO IN PIAZZA DELLA MUSICA A VERUNO SABATO 4 SETTEMBRE 2010


Formazione quanto mai versatile, fantasiosa, creativa e ricca di risorse tecniche ed emotive, "I Visionari" sono partners ideali per un musicista completo come Bollani. La totale libertà di ricerca e di esecuzione nelle improvvisazioni del loro "Free jazz" coincide straordinariamente con quella altrettanto versatile di Stefano, costituendo frequenti momenti di alta arte musicale.


Credavamo di assistere ad una rappresentazione "minore", per intimi quasi, dato il sito dove si teneva il concerto, ovvero Veruno che è una piccola località del Novarese, ed invece, non solo abbiamo fatto la conoscenza della realtà musicale che "Ver 1 Musica", l'Associazione culturale che dal 2004 ha inventato in questa cittadina le "Settimane Musicali Verunesi", con tanto di fitto programma di livello superiore, anche con invitati di altissimo richiamo, come in questo caso, ma anche abbiamo scoperto che di minore non c'è stato proprio nulla, a incominciare dal gigante Bollani, dalla formazione de "i Visionari", che non conoscevamo ancora in presa diretta, e dei quali abbiamo capito il perchè essi sono tanto graditi al gigante, per arrivare all'ottima organizzazione ipersponsorizzata delle serate musicali di quella piazza, fino al pubblico che assomigliava, ad un primo sguardo, a quello di uno stadio, per numero e soprattutto passione.


Stefano Bollani affronta le tastiere come fossero parte integrante delle sue mani, e prolungamento naturale di tutto il suo corpo. La assoluta naturalità della sua diteggiatura discende sicuramente da una scuola di grande serietà e completezza, ma è pure il risultato più evidente d'una indole musicale innata e spontanea, e il piacere di ascoltarlo nasce proprio dall'esplicitarsi naturale sul palco di questa evidenza


Grande serata, perciò, nei numeri e nelle dimensioni. Ma grande anche per ciò che è seguito durante il concerto, sicuramente superiore alle aspettative, nonostante che Bollani lo avessimo incontrato già numerose volte, sia in solo che in formazione allargata. Mai però avevamo assistito ad una performance di tale complessità, di così alta spettacolarità, di così intenso livello musicale, come qui a Veruno, l'altra sera: qualcosa da ricordare nel tempo tanto ci siamo divertiti, tanto abbiamo applaudito a scena aperta, tanta buona musica hanno goduto le nostre orecchie, e tanta qualità dei singoli musicisti, presi uno ad uno nei pezzi d'assolo. Stefano Bollani (tastiere), Cristiano Calcagnile (batteria), Nico Gori (clarinetto), Mirko Guerrini (sax), Ferruccio Spinetti (contrabbasso), affiatatissimi già in numerose registrazioni che avevamo nella nostra teca, tra cui, quella della Label Blu, del 2006, con le special guests di "Sua Sardità" Paolo Fresu alla tromba, Mark Feldman al violino e con la voce di Petra Magoni.


Bollani è, come tutti sanno, pronto a tutto. La sua ormai consistente carriera ci mostra partnerships di altissimo livello internazionale attraverso generi d'ogni tipo. Egli oggi è con Enrico Rava, e a lui si adatta ai leggeri tocchi di tastoera che gli si convengono, lasciando a lui la pedana da protagonista, ma ben segna l'evolversi dei discorsi timbrici ed armonici che il Maestro impone.

Tra le straordinaria partnerships di Bollani si annoverno i più grandi nomi contemporanei del jazz internazionale (Richard Galliano, Gato Barbieri, Pat Metheny, Michel Portal, Phil Woods, Lee Konitz, Han Bennink, Paolo Fresu, Miroslav Vitous, Aldo Romano, Toninho Horta, John Abercrombie, Kenny Wheeler, Enrico Rava, Greg Osby, Martial Solal). E' di questi giorni ciò che, credo, ancora mancava all'appello: una esibizione con Chick Corea, in occasione della IV edizione di MiTo (Teatro Smeraldo a Milano & Settembre 2010)


Egli domani è in Sudamerica ove impazzano frenetici i ritmi di tango flamenco e bossanova e dove le tastiere si sanno scaldare tanto quanto basta a sequenziare le vorticose sessions tutta passione e sangue nelle vene. E lui lì non solo vi si adatta, ma importa ed esporta nuovi concetti, nuovi continenti, nuove espressioni così da creare miscele continuamente in ebollizione. Egli è oggi coi Visionari, che sembrano a lui i più congeniali, ed allora ogni cosa è concessa, dai più bruschi passaggi ritmici al più estremo susseguirsi di dissonanze minuziosamente ricercate allo scopo di stordire e depotenziare ogni propensione al ritmo che il pubblico si aspetta, dalle tentanti citazioni del repertorio popolar leggero (Carosone) alle più colte, di quello velocizzato della tradizione del cinema muto, fino a quello classico minuettante, ma appena accennato che pochi lo sappiano cogliere, per fornire alibi alla sua musica di presenziare in tutti i generi contemporaneamente, ma anche solo in quelli che ciscuno nel pubblico voglia fare propri.


Ogni artista sul palco ha il suo spazio in questo magma, ed in esso vi si esprime dando di sè a brani parti riconoscibili e ben costruite, ma amalgamandosi nel tutto qualora, e ciò avviene il più delle volte, si richieda l'imporsi d'un impasto sonoro assai coeso e di grande impatto, sia espressivo che emotivo, per esplodere nel volere del pubblico. A volte è il caos, ma trattasi di un caos voluto, attentamente ricercato, capace anch'esso di esprimersi in accese distorsioni o in rumorosissimi clamori, ottenuti col contributo d'ogni strumento o parti improprie di strumento, od anche coinvolgendo spattacolarmente parti della scena e del palco, arredi, suppellettili, impianti o fantasiosi allestimenti di scena come quando i Visionari sono arrivati sul palco, durante un assolo di Bollani, vestiti da manutentori stradali con tanto di picconi, pale e segnaletica.



Alla fine dello spettacolo uno spettatore ho sentito che diceva al suo vicino: "Ma questo è casino, non è jazz".
Egli forse non aveva colto le continue finezze che lo svolgersi musicale dell'evento aveva saputo esporre di continuo, nei "passaggi di parola" tra strumenti o nelle diverse discorsività melodiche tracciate da ciascuno dei membri della squadra, non aveva capito che quell'effetto caotico, ricercato e così volutamente martellante e insistente, emergeva da un composto di sapienti contributi singoli all'assieme, solo apparentemente privi di nesso l'uno con l'altro, ma frutto del crescere ritmico espresso fino al suo parossistico risultato.
Ma è anche vero, vien voglia di dire, che dopo tanto far esplodere la forma, dopo tutto questo "decostruire" e "destrutturare", dopo tanto scardinare regole, dopo tanta "trasversalità" e così soverchio contrapporsi agli effetti e agli stilemi consolidati, viene davvero tanta, tanta voglia di relax, ogni tanto, e di abbandonarsi all'ascolto di qualche soffice, pacatissima, misuratissima, snobbissima piece musicale del tipo di quelle composte, ad esempio negli anni '50, da John Lewis, per quel quartetto di uomini neri (perchè vestiti sempre nel nero dei loro frac) che va sotto il nome di "Modern Jazz Quartet". Agli antipodi. Che il jazz tutto davvero possa comprendere?

Veruno, 4 Settembre 2010

Enrico Mercatali

(Le fotografie sono di Enrico Mercatali)

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